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Verso la terra che ti indicherò (Ger 12,1)

Al Sinodo Diocesano siamo invitati a partecipare tutti con il nostro ascolto e con il nostro raccontare. Passiamo parola a tutti i nostri conoscenti, anche a chi non frequenta la chiesa.

Per saperne di più prendiamo la brochure e al fine di raggiungere più persone possibile ritiriamone un numero sufficiente da distribuire ai nostri vicini e conoscenti.

Camminare insieme

Fare Sinodo significa camminare sulla stessa strada, camminare insieme, soprattutto camminare nella stessa direzione. 

Come ci ha raccomandato Papa Francesco tre sono i verbi da attualizzare:

INCONTRARE

Incontrare i volti, incrociare gli sguardi, condividere la storia di ciascuno: ecco quello che vivremo nei nostri “spazi di dialogo”, quello che dobbiamo concretizzare nella vita di ogni giorno per essere una vera comunità civile ed ecclesiale. Purtroppo le relazioni interpersonali hanno risentito dell’uso eccessivo dei social, infatti “se i telefonini spopolano, i rapporti dal vivo languono”. Anche noi, che iniziamo questo cammino, siamo chiamati a diventare esperti nell’arte dell’incontro. Non nell’organizzare eventi o nel fare una riflessione teorica sui problemi, ma anzitutto nel prenderci un tempo per incontrare il Signore e favorire l’incontro tra di noi.

ASCOLTARE

Un vero incontro nasce solo dall’ascolto... Quando ascoltiamo con cuore aperto, l’altro si sente accolto, libero di narrare il proprio vissuto senza sentirsi giudicato, ma ascoltato e valorizzato per la ricchezza della sua esperienza. È importante educarsi all’ascolto dando tempo all’altro, restando pazientemente nel dialogo. Scoprire con stupore che lo Spirito Santo soffia in modo sempre sorprendente proprio quando la relazione è davvero autentica.

DISCERNERE

Un ascolto buono e fruttuoso porterà a fare sintesi su ciò che è vitale, bello, utile e necessario.  Il bello è ciò che ci attrae e ci piace; l’utile nasce dall’efficacia delle proposte; il necessario porta a valorizzare ciò che è davvero prioritario.

Il Sinodo quindi diventa un cammino di discernimento, un evento straordinario che porta a liberarci dalle nostre chiusure e dai nostri modelli pastorali ripetitivi; a interrogarci su cosa ci vuole dire Dio in questo tempo e verso quale direzione vuole condurci per creare una Chiesa Universale, compresa la nostra Chiesa di Santo Stefano Re, più aderente alla vita della donna e dell’uomo d’oggi.


 

Cos’è un sinodo diocesano. È un momento importante (e non frequente) di una Diocesi, un evento che coinvolge in modo capillare tutte le realtà e in modo particolare, all’inizio, le singole parrocchie. Viene convocato dal Vescovo quando ne vede la necessità, per la situazione generale che si sta vivendo, per problemi nuovi che si devono affrontare, per cambiamenti organizzativi che si rendono necessari; in sostanza quando le decisioni da prendere sono ad un livello che è bene prenderle in modo collettivo, coinvolgendo tutto il tessuto della Diocesi. Importante alla fine è il documento che sintetizza le decisioni prese dal Sinodo, perché ha un valore legale e obbligante per tutte le Chiese della Diocesi. I decreti che derivano dal Sinodo descriveranno il nuovo volto della Diocesi.

Come si svolge. Ogni Sinodo procede a tappe. La prima coinvolge le singole parrocchie che vengono interpellate per esprimersi su argomenti ben precisi: analisi della situazione, osservazioni sulle problematiche, eventuali proposte. Segue la fase della raccolta dei singoli contributi parrocchiali da parte della “Commissione Preparatoria”, un gruppo di persone (laici, preti e religiosi) costituito dal Vescovo, che fa sintesi delle voci delle parrocchie e propone gli argomenti da discutere. Questa la possiamo definire la fase preparatoria.

Segue l’Assemblea Sinodale (si terrà nella primavera del 2022) che dovrà valutare i singoli provvedimenti in risposta a quanto emerso negli argomenti posti in discussione, quindi votare le specifiche decisioni, infine stilare i decreti sinodali che poi verranno promulgati dal Vescovo e avranno valore per tutta la Diocesi.

 

Il Sinodo invita ciascuno di noi ad essere parte attiva di un percorso di riflessione che ci porterà a provare a immaginare la Chiesa che vorremmo domani.

La partecipazione e collaborazione di tutti (fedeli che fanno parte attiva della vita della Parrocchia, anche chi se ne è allontanato o non ha mai partecipato, ma vuol far sentire la propria voce) è volta nel definire la visione della Chiesa per il futuro, come annunciare il Vangelo di Cristo nella realtà che abbiamo oggi, partendo anche dalle riflessioni delle persone che decideranno di raccontare la loro esperienza.

Il Sinodo è un cammino di riflessione, ascolto e racconto. Ognuno di noi può contribuire con la propria visione di Comunità Cristiana perché dall’ascolto nasceranno le scelte importanti del rinnovamento del modo di essere Chiesa.

Partecipa anche tu agli Spazi di Dialogo. Puoi raccontare la tua esperienza partecipando agli Spazi di Dialogo e condividere il tuo pensiero sui punti di rottura, fratture e dissonanze di questo tempo, e trovare i germogli, che aprono la visione al futuro della Chiesa. Saranno tre o quattro occasioni di incontro, in piccoli gruppi, in cui ciascuno potrà raccontare la propria esperienza di punti di rottura e di germogli.

Gli Spazi di Dialogo saranno coordinati dai “Facilitatori”, persone della Parrocchia che ti coinvolgeranno nel dialogo e nell’ascolto reciproco durante gli incontri. Per iscriversi c’è tempo fino a domenica 28 novembre (vedi modalità sulla brochure sul tavolo in chiesa).

 

Nella nostra Parrocchia i facilitatori, le persone che hanno dato la disponibilità per guidare gli Spazi di Dialogo, sono: Albano Menin, Antonio Boscardin, Bernard-Blaise Tchodjie-Tchamabe e Daniele Mont d’Arpizio.

Il primo incontro degli “Spazi di Dialogo” è fissato nei seguenti giorni:

Ä ore 21:00 martedì 30 novembre;

Ä ore 21:00 mercoledì 1 dicembre;

Ä ore 16:00 sabato 4 dicembre;

Ä ore 21:00 lunedì 6 dicembre.

Tutti gli incontri si terranno in centro parrocchiale.

 



Ricordiamo che lo scopo del Sinodo e di questa consultazione non è produrre documenti, ma «far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani.

Un pò di Storia. Il primo Sinodo diocesano risale al 964

«Quando mi chiedono quando è stato celebrato l’ultimo – spiega mons. Stefano Dal Santo – rispondo con una battuta: mai». Quello del 1957, convocato da Bortignon, pur avendone la forma giuridica, si configurò come un “corso di aggiornamento”

La data del 16 maggio 2021 entrerà nella storia della Chiesa di Padova. Mai prima d’ora la nostra Diocesi aveva vissuto un Sinodo diocesano come lo intendiamo dopo il Concilio Vaticano II (e la riforma del Codice di diritto canonico del 1983), cioè con la presenza dei laici accanto a quella dei presbiteri. «Spesso mi chiedono, in queste ultime settimane, quando a Padova abbiamo vissuto l’ultimo Sinodo: con una battuta rispondo “mai”», spiega mons. Stefano Dal Santo, docente di storia della Chiesa alla Facoltà teologica del Triveneto. Prima della metà del 20° secolo infatti, «quel cammino, odos, che caratterizza la parola greca per Sinodo, non era altro che un convenire del clero diocesano attorno al proprio vescovo per recepire delle norme o indicazioni per la vita pastorale della Chiesa locale».

Così fu per tutti i Sinodi diocesani, dall’Alto medioevo – ci sono attestazioni nel 6° secolo – fino appunto alla teologia del Vaticano II. Due le date chiave in questi 1400 anni di storia: il 1215, quando il Concilio Lateranense VI definisce normativamente la forma sinodale; e il 1917, quando la riforma del Codice di diritto canonico, pur senza definire i dettagli delle assemblee, le rende obbligatorie almeno ogni dieci anni.

«Il primo sinodo documentato per Padova risale all’anno 964, convocato dal vescovo Ildeberto – riprende mons. Dal Santo - In realtà non si tratta di un’assemblea normativa, egli conferma semplicemente la proprietà di alcuni beni per altrettante istituzioni ecclesiastiche. Sono invece importanti per il medioevo i Sinodi che si tennero dopo il Concilio di Trento (1545-1563), dove si stabilì che proprio i Sinodi diocesani dovessero essere il luogo in cui la normativa tridentina veniva accolta e applicata nelle Diocesi». Padova obbedì alla prescrizione immediatamente, già nel 1564 viene convocato il primo Sinodo dopo Trento. Nel 1566, in un secondo Sinodo si decise di aprire il Seminario per i futuri presbiteri. Nei 120 anni successivi furono convocati quindici Sinodi diocesani, con cadenze irregolari: a fronte di vescovi che non convocarono mai il Sinodo, ci furono pastori, come Marco II Corner, che ne convocarono ben sette». Dopo il Concilio tridentino, le assemblee diocesane acquisirono un elemento importante: i vescovi iniziarono a chiedere al clero di raccogliere e consegnare loro documentazioni e informazioni relative alle comunità, come si vede nel caso di Federico II Corner per il Sinodo del 1585, nonostante egli stesse compiendo un’importante visita pastorale.

Arrivò quindi la grande stagione riformatrice nel segno di san Gregorio Barbarigo, ma il fatto che in trentatré anni di episcopato abbia convocato appena due Sinodi (1667 e 1683), ci fa comprendere che non sempre era in questo contesto che le grandi decisioni venivano annunciate o applicate. «In questo episcopato è l’istituzione dei vicari foranei ad acquisire un’importanza particolare – aggiunge mons. Dal Santo – Chiedendo loro di radunarsi con lui almeno una volta all’anno, gli storici sono concordi nel dire che il Barbarigo intese creare una sorta di “surrogato del Sinodo”, dal momento che non poteva per ragioni di natura organizzativa convocare spesso l’assemblea con tutti i presbiteri».

Per trovare una nuova convocazione per Padova, occorre poi attendere oltre duecento anni, per arrivare al 1890 con il vescovo Callegari. Nel Novecento Sinodi sono indetti da Elia Dalla Costa (1927), Carlo Agostini (1947) e Girolamo Bortignon (1957), ma «la storia di quest’ultimo è singolare – conclude lo storico della Chiesa – Bortignon precisa che non si tratta di un nuovo Sinodo, anche se a livello giuridico, almeno nella convocazione, ne mantiene la forma. Per il vescovo si tratta piuttosto di “discutere” – verbo inusuale, allora i Sinodi prevedevano comunicazioni – senza cambiare molto le normative già approvate da Agostini, come dire che quel Sinodo rimaneva valido pur con la necessità di aggiornamento. Bortignon previde la partecipazione di tutti i presbiteri, ma in dieci gruppi di ottanta in incontri separati di tre giorni dal luglio al novembre del 1957. Ecco perché non si può parlare di Sinodo, per un evento che infatti venne comparato a un importante corso di aggiornamento di cui si perse il ricordo nella memoria diocesana».

Fare memoria del passato per scegliere

Collocare nella storia e nel vissuto della Chiesa di Padova il Sinodo diocesano che inizia significa fare memoria del cammino percorso fino a qui. «Dal passato non derivano indicazioni per il futuro - commenta mons. Stefano Dal Santo - ma la storia ci permette di essere consapevoli di quanto vissuto e deciso. Sapere da dove veniamo, per decidere dove andare».

Luca Bortoli

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